Soggetti CoViD persistentemente positivi, rientrano in comunità ma non al lavoro.

Una certa confusione si è venuta a creare tra le diciture di “rientro in comunità” e “rientro al lavoro” dopo la pubblicazione della Circolare del Ministero della Salute del 12 Ottobre 2020 (linee guida per l’Igiene Pubblica, concernenti i soggetti sottoposti a provvedimento di isolamento) per ciò che riguarda i soggetti asintomatici affetti da infezione da SARS-CoV-2 con positività persistente al tampone nasofaringeo molecolare.
I soggetti che mostrano una persistenza della carica virale rilevabile al Naso-Faringe, secondo la suddetta circolare, dopo 21 giorni dal primo tampone potranno interrompere l’isolamento per il rientro in comunità previa rilascio di attestazione di fine isolamento dal Dipartimento di Prevenzione (criterio modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi).
Gli stessi soggetti, tuttavia, sebbene possano rientrare in comunità abbandonando l’isolamento per riprendere le attività necessarie alla vita quotidiana, non possono rientrare al lavoro per gli effetti del successivo DPCM del 3 Novembre 2020, che nell’Allegato 12 che mantiene l’obbligo, di far precedere l’ingresso al lavoro da certificazione medica da cui risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone molecolare.
Solo a seguito dell’esito negativo del test molecolare, quindi, il lavoratore può rientrare in servizio.
Per tutto il periodo della positività l’assenza dal lavoro sarà giustificata dal medico di medicina generale tramite il certificato INPS con le solite modalità.
Le contraddizioni mostrate dai provvedimenti descritti (rientro in comunità ma non al lavoro) sono state chiarite con circolare n. 0015127 del 12/04/2021 del Ministero della Salute.
I riferimenti della letteratura scientifica sulla scarsa contagiosità dei soggetti positivi a lungo termine stanno divenendo più numerosi ma ad oggi permane il dubbio sulla contagiosità.
D’altra parte il rispetto del distanziamento, l’uso della mascherina e l’igiene delle mani e del luogo di lavoro, dovrebbero abbattere ulteriormente il rischio.
Alla luce della normativa corrente è dunque corretto  prolungare il certificato di malattia INPS fino alla negativizzazione del test molecolare.

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